Uno degli aspetti più importanti nella musica è certamente lo sviluppo e l’utilizzo della dinamica.
E’ certamente uno degli elementi che maggiormente consente ad un musicista di esprimersi con significato ed efficacia e che veicola ciò che si vuole comunicare tramite lo strumento.
E’ un aspetto molto vasto il cui utilizzo e controllo risultano molto eterogenei e variabili a seconda dello stile musicale e di molte altri fattori.
Cerco di fornirvi ora qualche spunto di riflessione esponendovi il MIO modo di approcciare l’argomento.
Partiamo dalla definizione e dalla concezione di “dinamica” che assumiamo come riferimento.
Solitamente nella musica quando si parla di dinamica si fa riferimento al volume “esecutivo” e alle sue variazioni all’interno del brano.
Dal mio punto di vista l’accezione di dinamica va leggermente rivista o per lo meno circoscritta…
per dinamica io intendo dunque non tanto il volume vero e proprio ma piuttosto la PERCEZIONE del volume che ha l’ascoltatore.
Vi sono infatti, spesso, momenti del brano in cui l’ascoltatore avrà un percezione di dinamica più forte di quello che in realtà attesta il volume “fisico” reale in quel momento.
Basta pensare a come sia diversa la percezione dinamica, ad esempio, di un groove di batteria suonato allo STESSO volume “reale” prima con l’hi-hat aperto e poi con l’hi-hat chiuso… o ancora, ad un groove di basso eseguito con ottavi “staccati” o ottavi “lunghi”. Eppure il volume reale “fisico” rimane sempre il medesimo…
Partiamo dunque con l’intendere la dinamica come percezione del volume e non necessariamente come volume “reale”.
Detto ciò possiamo individuare 3 tipologie dinamiche o livelli dinamici:
– dinamica di strumento
– dinamica di struttura
– dinamica di espressione
Per “dinamica di strumento” intendiamo l’evoluzione dinamica all’interno del brano di un singolo strumento. Quindi ad esempio l’andamento dinamico del basso elettrico durante tutto il brano che probabilmente muterà nelle varie sezioni del brano stesso (strofa, ritornello etc…)
Quando parlo di “dinamica di struttura” invece mi riferisco alla percezione dinamica che si ha di un’intera sezione del brano, data dalla globalità degli strumenti e quindi considerati nel loro insieme. Quindi ad esempio il fatto che un ritornello sia dinamicamente più forte rispetto alla strofa nel suo insieme, non considerando uno strumento singolo.
Infine per “dinamica di espressione” intendo un piccola parte (solitamente 1 o 2 battute) all’interno di una sezione di un brano che ha una caratterizzazione dinamica particolare (più marcata o al contrario più “soft”). Solitamente questa tipologia dinamica è eseguita da più strumenti che la evidenziano assieme.
E’ fondamentale anzitutto comprendere come NON necessariamente “dinamica di strumento” e “dinamica di struttura” siano coincidenti e affini. Capita infatti, ad esempio, che mentre quest’ultima cresca da strofa a ritornello la “dinamica di strumento” della batteria sia costante. Questo accade poiché l’incremento dinamico generale non è causato dalla batteria ma da variazioni nell’arrangiamento e nell’esecuzione degli altri strumenti (chitarre, basso, parti vocali etc…)
Concentrandoci ora sulla “dinamica di strumento” appare ovvio come ogni diverso strumento abbia fattori ed elementi specifici sui quali lavorare ed intervenire per ottenere delle variazioni dinamiche.
Per il basso elettrico ad esempio alcuni fattori sono:
– quantità di note
– durata delle note
– quantità e durata delle pause
– accentazione delle note eseguite
– volume “reale” esecutivo
– portamento sul tempo (avanti o indietro rispetto al beat) e intenzione esecutiva
– tecnica utilizzata e suono
– gestione delle transizioni tra una sezione e l’altra del brano e quindi gestione dei momenti in cui si passa da una sezione alla successiva
– interplaying con la batteria e in generale posizionamento delle note rispetto al disegno ritmico caratteristico e portante del brano
Questi sono alcuni (ma certamente non tutti) degli elementi grazie ai quali il basso elettrico controlla la propria dinamica nell’esecuzione.
Per la batteria ve ne sono altri (ad esempio l’apertura o meno dell’ hi-hat, la scelta di accompagnare sul ride piuttosto che sul crash…etc…) ma alcuni sono i medesimi.
In ogni caso è fondamentale comprendere come non vi sia assolutamente un’unica ricetta, un unico modo per veicolare una determinata sensazione dinamica! A volte lo stesso tipo di intervento su un elemento (uno ad esempio di quelli indicati precedentemente) può essere utilizzato per abbassare la percezione dinamica o al contrario per innalzarla.
Questo perché tutto deve essere messo in relazione al contesto e a quello che in quel determinato momento accade per gli altri strumenti. Oltre a ciò bisogna considerare il fatto che ogni strumento agisce spesso su più elementi contemporaneamente.
Ad esempio… a volte la diminuzione del numero di note può portare a percepire un abbassamento della dinamica mentre altre volte un innalzamento. Questo perché magari l’accentazione delle nostre note cambia oppure ad esempio cambia la posizione delle stesse rispetto alla cassa della batteria.
Non c’è quindi un’unica soluzione! Quello che dobbiamo fare è cercare di imparare a “maneggiare” più fattori/elementi di controllo possibili, ascoltare ciò che ci circonda (ogni tanto…così per fare una cosa diversa dal solito e non annoiarci…) e adoperare quelli più consoni a seconda del contesto.
Fate attenzione ora ai brani che ascoltate e cercate sempre di fare un’analisi approfondita dello sviluppo delle dinamiche al loro interno. Solo in questo modo imparerete a riconoscere e poi di conseguenza controllare e usare diverse tecniche di controllo dinamico…così facendo diventerete dei musicisti migliori!!!
Vi lascio con l’ascolto di un brano in cui ritroverete tantissimi concetti esposti in questo articolo.
Ascoltate con attenzione, analizzate come i 3 livelli dinamici spiegati in precedenza si susseguono nello svolgimento del brano e soprattutto cercate di mettere a fuoco cosa nell’arrangiamento crea quella sensazione dinamica in quel momento, sia attraverso il vostro strumento sia tramite la globalità degli strumenti.
Buon lavoro!
Mauro